di Marilde Motta

Mini, o maxi?

Il packaging primario e secondario dei profumi, da quasi un secolo, ovvero da quando si è passati da una produzione artigianale a una industriale, ha dato forma a sogni. Non c’è nessun altro settore come quello dei profumi che sia riuscito a trasformare persino aspetti meramente funzionali (si pensi ai dispenser e alle chiusure) in elementi di decoro. Talvolta così iconici (come non citare le colombe che sigillano il flacone dell’Air du temps di Nina Ricci) che superano in bellezza lo stesso contenitore. Appunto sculture che segnano un’epoca e ne definiscono il gusto. Oggi attrae di più il profumo, o il suo contenitore?

La riflessione

Con oltre un centinaio di lanci di nuovi profumi ogni anno, concentrati soprattutto nel tardo autunno per beneficiare delle vendite natalizie, la risposta alla domanda non è scontata. La bottiglia di profumo ha un ruolo fondamentale poiché l’essenza può essere sentita solo dopo l’apertura. Il primo indelebile impatto lo comunica la confezione, molto incide sulla percezione e sul gradimento il rito per aprirla, passando gradatamente dal packaging secondario, alla manipolazione del flacone, al tappo. Come si orientano il consumatore (un mercato al maschile che continua a crescere a doppia cifra) e la consumatrice fra così tante proposte?

 

Cadendo in tentazione. Il grande seduttore è l’échantillon, il sample, il campioncino di prodotto incollato alla pagina di pubblicità nelle riviste (quelle cartacee sono ancora il veicolo indispensabile per prove gratificanti). Il profumo in formato mini ha dato vita a una “branca” del packaging che è stata in grado di proporre una gamma ampia di soluzioni per dare efficacia persuasiva alla prova. Si va dal flacone in formato mignon che riproduce l’originale nel minimo dettaglio, ai micro granuli di profumo che rivelano la traccia olfattiva per semplice strofinio, a piccoli fogli di alluminio che racchiudono un tessuto-non-tessuto imbevuto, a erogatori spray a molte altre possibilità esteticamente valide e consonanti con l’identità dell’essenza e del brand.

Se il mini campione di prodotto ha vita breve, ma intensa, su scala di grandezza opposta troviamo la confezione da 30, 50, 75, 100 ml a seconda della concentrazione del profumo e, ancora oltre entriamo nel mondo dei flacon factice giganti. Le confezioni “fuori scala”, del tutto fittizie, che nella dimensione inusuale amplificano i codici estetici della bottiglia di profumo. La realizzazione di queste confezioni è opera di poche aziende specializzate che possono contare ancora su una manodopera molto abile nelle finiture. Così, da decoro delle vetrine delle profumerie, i factice sono diventati oggetti del desiderio, ricercati dai collezionisti e scambiati a prezzi crescenti. In fondo è questo il destino dei flaconi di profumo, sedurre perdutamente.

Marilde Motta

in aziende e in agenzie internazionali, si occupa di comunicazione dal 1978 fino al novembre del 1985, quando fonda Ad Personam®, impostandola come unità di supporto strategico e gestionale nella comunicazione. Dal 1982 collabora a riviste e dal 1990 tiene corsi, corredati da manuali, in università e enti di formazione.