WORKSHOP COLLABORATIVO
“Il futuro siamo noi” è un workshop collaborativo per anticipare il cambiamento, ideato e condotto da Carlo Alberto Pratesi, ordinario di Marlketing, Innovazione e Sostenibilità all’Università Roma Tre. E’ restato progettato e realizzato in esclusiva per l’Assemblea dei soci dell’Istituto Italiano Imballaggio, lo scorso 11 maggio, a Milano. Il workshop è stato preceduto da un lavoro preparatorio, aprtito alcune settimana prima, con un’analisi di alcuni fenomeni nazionali e internazionali che hanno interessato il mercato quest’anno. L’analisi dei segnali utili è stata affidata agli studenti del corso universitario tenuto dal Professor Pratesi. Gli stessi sono stati portati all’attenzione degli operatori, che ne hanno fatto oggetto di analisi e discussione e ne hanno tratto alcune conclusioni.
Carlo Alberto Pratesi, Ordinario di Marketing Università Roma Tre
GLI INDIZI
44 segnali dal mercato e dalla società. Quali meritano di essere presi in considerazione?
Gli indizi possono essere raggruppati in cinque categorie:
1.Nuovo design per ridurre impatto e aumentare la circolarità
2.Nuove tecnologie (blockchain)
3.Sviluppo dell’e-commerce
4.Nuove funzionalità del packaging
5.Switch tra materiali (anche bio)
Dall’esame e selezione degli indizi (in termini di loro probabilità di accadimento e presumibile impatto sul settore), sono emersi 4 punti….
1. CHI INFLIENZA LA FILIERA?
Il settore dell’imballaggio sembra essere “demand driven”, ossia i condizionamenti lungo la filiera nascono soprattutto a valle: consumatori à distributorià utilizzatori. I produttori operano su stimolo “dal basso”. All’interno della filiera il potere principale è in mano ai distributori che, tuttavia, si aspettano piena collaborazione da parte degli altri attori, anche per poter essere efficaci. La normativa, che ci si aspetta diventi sempre più restrittiva, soprattutto per quanto riguarda la plastica, potrebbe subire condizionamenti dall’opinione pubblica: non sempre guidata da dati e fatti concreti e scientificamente dimostrati, ma condizionata da influenzatori: (social) media, associazioni, partiti politici, ecc. Il consumatore sebbene consapevole dell’impatto ambientale (per esempio l’isola di plastica), cambia comportamenti solo quando percepisce impatti sulla sua salute (vedi caso olio di palma).
2. TROPPA IGNORANZA
Manca un’informazione e un processo di educazione che consenta a tutti gli stakeholder di avere consapevolezza di quella che è la realtà, in termini di effettiva sostenibilità dei diversi materiali nei diversi loro utilizzi e nelle diverse categorie merceologiche. Serve una formazione di figure professionali.
3. LE SCELTE DA FARE
Esistono delle scelte, dovute ai numerosi trade-off tra soluzioni alternative (entrambe sostenibili) per esempio la riduzione dei formati alimentari può ridurre lo spreco del contenuto, e favorire l’accesso al prodotto ai meno abbienti, ma aumenta ovviamente l’impatto del packaging. Più packaging aumenta shelf life, ma fino a che punto questa è una vera necessità? Questo presuppone decisioni “super partes” da parte delle istituzioni.
4. RICERCA E INNOVAZIONE
L’innovazione tecnologica (con una forte attenzione a blockchain) avrà un significativo impatto sul settore dell’imballaggio, non solo per il suo ruolo nello sviluppo di materiali e processi meno impattanti ma anche, e soprattutto, per fornire l’imballaggio di funzionalità aggiuntive che ne farebbero ulteriormente percepire il valore e l’importanza.
QUINDI?
Il packaging non si ridurrà, a meno di normative che potrebbero renderlo più costoso. Per migliorare la sostenibilità del packaging, si deve operare lungo i seguenti fronti:
- far percepire più chiaramente la sua (indispensabile) utilità
- aumentare (con tecnologie e innovazioni) la sua funzionalità, al fine di giustificarne meglio il costo (anche ambientale)
modificare l’approccio alla sua progettazione, prevedendo da subito tuti i possibili modi per: a) ridurlo, b) riutilizzarlo, c)
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