HALAL E HARAM

Halal: lecito, Haram: illecito, due parole da conoscere e da capire, per accedere ai mercati mediorientali – e non – di fede musulmana, che stanno crescendo a dismisura. Basti pensare che l’export italiano, solo dei comparti food e beverage, verso i 22 Paesi Arabi, secondo i dati della Camera di cooperazione italo-araba, vale un saldo positivo di 30 miliardi di euro (dati 2016). Per accedere a questi mercati è necessario ottenere la certificazione Halal, che garantisce che i cibi – ma vale anche per farmaci o cosmetici – siano preparati in ottemperanza alle regole della sharia, lungo tutta la catena, quindi durante la produzione, la trasformazione, il trasporto e la distribuzione. Il packaging non fa eccezione. Ne consegue che non solo il contenuto vada certificato, ma anche il contenitore. Oggetto di valutazione per la certificazione Halal del packaging sono gli additivi, gli inchiostri, i trattamenti superficiali, ma anche lo stesso processo di realizzazione dell’imballaggio. Molto spesso, ad esempio, gli agenti utilizzati nelle materie plastiche o nell’alluminio sono di origine animale e questo fa scattare l’allerta. Infatti devono essere esclusi i derivati dai suini e anche il metodo di macellazione a cui vengono sottoposti gli animali, deve rispettare i dettami Halal. Non sfuggono i pigmenti, usati negli inchiostri, che per quanto non vengano a contatto con l’alimento o il cosmetico, non è escluso che siano sottoposti a fenomeni di migrazione. In questo caso, oggetto del contendere sono gli OGM, per esempio della soia. Per ottenere la certificazione Halal sarà necessario individuare e sostituire agenti, additivi e inchiostri ritenuti Haram, con altri di origine vegetale. Altro focus da valutare è il packaging riciclato, perchè non è da escludere che nel precedente utilizzo, possa essere stato in contatto con sostanze Haram. Analogamente punti di debolezza del processo produttivo sono i lubrificanti dei macchinari. Sarà necessaria una sanificazione dell’impianto, prima della produzione del packaging Halal. Per saperne di più sulla cerificazione Halal è possibile contattare il centro WHAD

La cosmesi Halal

Già nel 2016 Cosmoprof ha ospitato l’innovativo progetto “HALAL COSMETICS: from production to sales”, anteprima a livello mondiale di un’area espositiva – all’interno del padiglione dedicato alla Cosmesi Naturale – riservata ad aziende nazionali e internazionali produttrici o distributrici di prodotti certificati HALAL, realizzato in partnership e con la supervisione dell’ente di certificazione halal italiano.

“La cosmesi halal è una necessità particolarmente sentita dai consumatori di sud Est Asiatico e Medio Oriente – dice Dino Tavazzi, consigliere delegato di Cosmoprof – ma riguarda anche le aziende italiane ed europee, visto che l’80% dei prodotti cosmetici venduti nei Paesi GCC viene dal Continente, Italia e Francia in testa”.

“Si tratta di prodotti che, per la loro attenzione agli ingredienti possibilmente naturali, al processo di produzione, al commercio etico ad al rispetto per l’ambiente, sono sempre più apprezzati anche dal consumatore non musulmano, e si promuovono accanto a prodotti bio, vegan e organici”, aggiunge Annamaria Aisha Tiozzo, Presidente di WHAD.

Con una crescita annua del 12% a livello mondiale (con punte del 19% nei mercati GCC), ed un numero di potenziali consumatori pari ad 1/3 della popolazione mondiale, la cosmetica “lecita” è un trend in continua ascesa, trainato anche dalle recenti normative internazionali, tra cui gli standard malesi e quelli, recenti, ESMA (Emirati Arabi Uniti) sulla cosmetica halal.