di Marco Roman, ECAMRICERT-ECSIN

I nanomateriali stanno trovando una sempre più vasta gamma di applicazioni in prodotti di consumo. Grazie alla varietà e peculiarità delle loro proprietà, le nanotecnologie sono oggi in grado di migliorare le funzionalità dei materiali, aumentandone durata, flessibilità, resistenza, effetto barriera, biodegradabilità e migliorandone le proprietà ottiche. Nel settore dell’imballaggio, i materiali in nanoforma attualmente in lista positiva (Reg. 10/2011) sono impiegati come additivi o sostanze ausiliarie della polimerizzazione, e includono: quattro copolimeri, nitruro di titanio, montmorillonite modificata, carbon black e ossido di zinco funzionalizzato e non funzionalizzato. Le potenzialità di utilizzo si estendono tuttavia a molte altre tipologie di nanomateriali, da metallici e di ossidi metallici (argento, oro, silice, allumina, biossido di titanio, ossidi di ferro), ad argille, particelle o fibre a base di carbonio e altri polimeri. Oltre che per la composizione, i nanomateriali differiscono anche e notevolmente per dimensioni (alcuni, decine o centinaia di nanometri), morfologia (particelle, fibre, foglietti), stato di aggregazione (particelle isolate o raggruppate in modo più o meno compatto), struttura (mono- o multi-componente, disposizione e orientamento degli aggregati) e chimica superficiale (funzionalizzati o meno). Tutte queste proprietà contribuiscono a condizionarne in modo decisivo la funzionalità, i rilasci e le trasformazioni negli alimenti (ovvero l’esposizione), e la tossicità.

Determinare le proprietà chimico-fisiche dei nanomateriali mediante analisi appropriate è pertanto fondamentale per supportare l’introduzione efficace e responsabile sul mercato di queste tecnologie innovative. Ma come orientarsi nella vasta gamma di tecniche analitiche disponibili, spesso tanto avanzate e costose quanto specifiche, in modo da ottenere le informazioni veramente utili per le aziende?

Il laboratorio analitico ha un ruolo fondamentale nell’innovazione nanotecnologica, che può supportare nel design efficace di prodotto, nella gestione della filiera produttiva, e fino al processo autorizzativo, che diventa più semplice e meno costoso per l’azienda nel momento in cui può dimostrare l’assenza di esposizione con dati solidi e affidabili.

Marco Roman, ECAMRICERT-ECSIN, responsabile caratterizzazione chimico-fisica

IL I OBBIETTIVO

Il primo e più importante obiettivo deve essere la chiara identificazione del nanomateriale in quanto tale, perché per essere utilizzati, i materiali in nanoforma già autorizzati devono rispettare condizioni specifiche (Reg. 10/2011), così come specifiche sono le valutazioni richieste (esposizione, tossicità) per avere successo in un nuovo processo autorizzativo. In accordo con la definizione (Racc. 2011/696/EU), un nanomateriale è identificato come tale se almeno il 50% delle sue particelle presenta almeno una dimensione nell’intervallo 1-100 nm. Da normativa, la microscopia elettronica, in particolare a trasmissione (TEM), è la tecnica primaria per effettuare tale verifica. Questo strumento consente di acquisire immagini del materiale di interesse ad elevatissima risoluzione spaziale (1 nm o inferiore), in cui è possibile visualizzare e caratterizzare ogni singola particella, ricavandone la distribuzione dimensionale su base numerica. Il TEM permette inoltre di studiare in modo quantitativo la forma delle particelle, e la loro composizione chimica elementare (utilizzando un detector EDX accoppiato), fornendo così dati aggiuntivi a supporto dell’identificazione. Per polveri secche e materiali nanostrutturati, è possibile effettuare (o confermare) l’identificazione anche con il metodo Brunauer, Emmett and Teller (BET), che ne determina l’area superficiale volume-specifica (VSSA). In questo caso si fa riferimento ad una definizione alternativa, secondo cui un materiale è identificabile come nanomateriale se presenta una VSSA superiore a 60 m2/cm3 (Racc. 2011/696/EU).

IL II OBBIETTIVO

Il secondo obiettivo della caratterizzazione chimico-fisica è il supporto allo sviluppo dei nuovi prodotti. In questo contesto, a TEM e BET si aggiungono altre tecniche analitiche, utilizzabili per comprendere, e dunque ottimizzare, come le proprietà dei nanomateriali e nanocompositi derivati determinano funzionalità ed efficienza (nel tempo, nelle condizioni di utilizzo) dei prodotti finiti. Ad esempio, il microscopio elettronico a scansione (SEM) è utilissimo per visualizzare la struttura finale, interna e superficiale, dei materiali compositi, a risoluzione quasi confrontabile con il TEM, e a sua volta abbinabile a caratterizzazione chimica con EDX.

Impiegando queste tecniche in abbinamento con quelle tradizionali di valutazione della funzionalità (ad esempio la permeabilimetria per determinare l’effetto barriera), è possibile capire quali caratteristiche del nanomateriale (morfologia, dispersione e orientamento nel polimero) consentano di massimizzare le performance dell’imballaggio, oppure, al contrario, stabilire quale sia la causa strutturale di un eventuale deterioramento dell’efficacia.

IL III OBBIETTIVO

Il terzo obiettivo dell’attività analitica deve essere la valutazione della sicurezza del prodotto, in accordo con la normativa. Nel caso del packaging alimentare, questo si traduce primariamente nella verifica del rilascio di nanomateriali negli alimenti o nei simulanti alimentari appropriati. Individuare nanoparticelle, spesso a concentrazioni bassissime e in matrici complesse, costituisce la maggiore sfida analitica, e spinge all’adozione di metodiche avanzate e approcci multi-tecnica. In questo senso, il dynamic light scattering (DLS) è un metodo rapido e versatile per ottenere indicazioni preliminari sulla presenza e distribuzione dimensionale di nanoparticelle nei simulanti alimentari in fase liquida, da approfondire successivamente con tecniche più sensibili ed accurate. Tra queste, la spettrometria di massa al plasma induttivamente accoppiato (ICP-MS), già affermata nella determinazione elementare quantitativa, sta conoscendo nuove espansioni. Accoppiata a tecniche separative quali la field-flow fractionation (FFF), o utilizzata in modalità single particle, l’ICP-MS consente oggi di quantificare selettivamente nanomateriali inorganici a livello di ultratracce, fornendo quindi dati di massima affidabilità.

ECSIN

Nel laboratorio ECSIN, parte di ECAMRICERT SRL, supportiamo le aziende nello sviluppo di prodotti innovativi basati sulle nanotecnologie, in numerosi settori industriali. L’unità di caratterizzazione chimico-fisica mette a disposizione un ampio parco di strumentazione, metodiche analitiche e competenze, dedicate specificatamente ai nanomateriali, sviluppate nell’ambito di progetti europei, ed in costante aggiornamento con lo stato dell’arte della ricerca scientifica. In integrazione con le unità di affari regolatori e trasferimento tecnologico, questo ci consente di seguire il processo di innovazione in tutti i suoi aspetti, dallo studio di fattibilità, alla prototipazione, alla valutazione e autorizzazione del prodotto, offrendo al cliente un servizio completo nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative.